
“Stai facendo un programma per fare un programma?”
Stai facendo un programma per fare un programma?
chiede un allibito e un quasi ancora non stempiato Billy Crytal alla giovan-issima e belliss-imma Meg Ryan di “Harry ti presento Sally”.
E lei lo guarda un po’ allibita, un po’ piccata. Perché fino a quel momento non le era passato per la mente il fatto che lei stesse facendo un programma per programmare.
Lei viveva e basta.
Amministrava alla meglio il susseguire di eventi che componevano la sua vita a colpi di penne bic e fogli pieni di schemi. Armata di precisi stradari e orari dei treni, metropolitane e corsi in palestra che si svolgevano in luoghi e a ore precisi.
Si destreggiava così, a suon di abitudini, cercando di diminuire al massimo le variabili; di modo da essere accompagnata il più possibile da quelle rassicuranti costanti.
E come fare a non condividere la tecnica di Sally? Non è così al contempo appagante e rassicurante quello schema mentale che ci si presenta all’inizio della settimana?
Quell’approssimativo “progetto” che facciamo senza dircelo, per non sentirci troppo maniaci del controllo?
Cosa potremmo o vorremmo mangiare, quali amici ci farebbe piacere vedere, quando andare in palestra o a far finta di fare jogging al parco, quali vestiti indossare il giorno in cui dall’ufficio andremo diretti all’aperitivo, e quali invece quando ci andremo in bicicletta, in ufficio.
E’ così che alla fin fine passano le settimane, che diventano mesi, poi forse per i più fortunati anche anni… Qualche volta ci si infila una sorpresa, un cambiamento di rotta, ma la strada rimane sempre quella, deviazione più, deviazione meno…
A conti fatti il mazzetto delle probabilità rimane bene o male sempre più rimpinzato di quello degli imprevisti. Senza superarli di molto, intendiamoci, altrimenti si rischia la noia.
E poi c’è il momento in cui il vento gira e tu, “Sally-ista” incallita, ti ritrovi con un sacco d’Imprevisti in mano e ben poche Probabilità nella manica.
E all’inizio ci rimani allibita. Un po’ come quando da adulta ti capita di cadere dalle scale e di sbucciarti le ginocchia.
E ti senti un po’ scema e un po’ bambina, perché è da quando avevi 10 anni che le ginocchia non te le sbucciavi.
Ed è da un bel pezzo che ti sei dimenticata la sensazione di stranimento che si prova ad aprire gli occhi e a rendersi conto che sei ruzzolata giù di qualche gradino, senza aver ben capito quando i tuoi piedi o il tuo equilibrio ti abbiano tradita.
Ecco, è un po’ la stessa sensazione che provi quando constati che nel tuo caso non sono stati né i piedi né l’equilibrio.
Ma un po’ gli imprevisti e un po’ la mente – e un po’ gli Imprevisti e la mente che hanno iniziato a ballare la Polka insieme – e non sai come, ma il tuo programma per fare un programma è bell’è andato a farsi friggere. Caput. Aufiderzein. Goodbye.
E dire che per te la tecnica filava alla perfezione, anzi, meglio se ne avevi due di penne per redigere il programma; così con la rossa ci potevi segnalare le emergenze o le preferenze.
Insomma, non ti resta che alzarti e valutare se in questa ruzzolata ti si sia sbucciato anche un pezzo di spirito, oltre che le ginocchia.
E cominciare a riflettere su come organizzarti mo’ che ti ritrovi senza penne, evidenziatori o schemi.
AUTHOR : Caterina Grosso
PHOTOS: Pinterest
Sorry, the comment form is closed at this time.